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La neve del Febbraio 1991
Redatto il: 11 novembre 2014 ore 20:37

JERDLÀ: LA NEVE DEL FEBBRAIO 1991

 

5 Febbraio 1991…

 

Poco dopo mezzodì, quando il treno mi deposita alla stazione milanese di Porta Garibaldi, il vento taglia la faccia. Il cielo è limpido, sereno, il sole splende alto e incontrastato, ma la gelida tramontana morde le carni. Malgrado il sole, la temperatura permane sotto lo zero.
Quando scendo dal treno sono un po’ imborsato. Nel primo pomeriggio è in programma una conferenza di Geminello Alvi, uno dei massimi esperti di storia economica novecentesca. Sto frequentando l’impegnativo triennio del Dottorato di Ricerca presso l’università Bocconi di Milano e gli incontri sono sempre più ravvicinati. Sbuffando, scendo dall’Intercity e salgo sul solito tram che, in una mezzora, mi porterà in Via Sarfatti dove ha sede l’università. Il mio cattivo umore è accentuato dalla meteoropatia. L’Inverno ha già speso la miglior parte e la limpidezza del cielo non fa che accentuare l’inesorabile allungarsi delle giornate. Sì, fa freddo ma quell’atmosfera luminosa è un pugno in faccia per la sensibilità di un nivofilo. Che rabbia! La prima parte della stagione fredda è stata sicuramente deludente. Da salvare soltanto due leggerissime e pressoché impercettibili visite della Dama nelle notti della Vigilia e del Natale. Toccata e fuga. Quelle le ricordo bene. Mi rivedo con il naso incollato ai vetri e lo sguardo inchiodato sul lampione sotto casa, mentre, attorno alla mezzanotte, ammiro qualche rado e leggerissimo fiocco di neve che inizia a volteggiare alla fioca luce del lampione. Estasiato, mi soffermo ad ammirarli. Il cuore si apre alla bianca speme ma purtroppo dura assai poco e al mattino non ne rimane traccia. Stesso copione la notte successiva. Gennaio, da parte sua, è totalmente da dimenticare. Quasi interamente mite e soleggiato, senza un solo fiocco di neve!

Mi consolo, ma solo in parte, con il neopromosso Parma di Nevio Scala, che sta facendo un’ottima figura nella massima serie (sarà l’anno dello scudetto dei blucerchiati di Vujadin Boskov), tanto che arriverà la qualificazione per la Coppa Uefa. 

A quei tempi non era frequente un gennaio senza neve, sono deluso e amareggiato. Solo a partire dal penultimo giorno del mese, il 30, qualcosa inizia lentamente a cambiare. In cauda venenum, ammonivano gli antichi. Proprio nei giorni della Merla arriva il freddo. Quello vero. Il gelo. Tra la fine di gennaio e i primi di febbraio prende avvio una serie di giorni di ghiaccio. Il sonnolento Generale si dà finalmente una mossa e passa all’offensiva.

Ma torniamo a Milano, in via Sarfatti. Attorno alle 15 la conferenza ha inizio. Sono distratto e ho la testa altrove. Tra una dotta digressione sulla crisi di Wall Street e un’altra sul rooseveltiano New Deal, il mio sguardo vaga spesso all’esterno. Guardo fuori dalla finestra. Nulla. Sempre quel dannato sole a picco! E’ così fino a quando non scende il manto consolatore della notte. Tra uno sbadiglio e l’altro termina la conferenza e, attorno, alle 18 sono pronto a salire sul treno che, dalla Stazione Centrale, mi riporterà a casa. Al terzo binario mi attendono le ferrigne fauci di un treno. Mi accomodo in un vagone dove c’è poca gente (sì, sono sempre stato un orso) e, sprofondato nella poltroncina, mi abbandono alla corrente dei pensieri. Il vagone è insolitamente vuoto. Odore di polvere. E di umanità randagia. Da lontano, da chissà dove, l’eco sommessa delle languide, struggenti note di “Another Paradise” di Phil Collins…Si parte. Pigramente dondolato dall’eterno rullio del treno, il mio sguardo trasognato si perde tra le lucine delle case che, di tanto in tanto, occhieggiano nel buio della notte. E immagino scene di vita vissuta. L’umidità della sera a screziare la superficie del vetro di perlacee opalescenze. Lucori di case nell’oscurità ad irradiare minuscole gocce d’acqua sui vetri del finestrino. Emergono dal nulla, piccole storie di tutto e di niente. Serpentiformi, luminescenti ghirlande. Lacrime di cielo piante in giorni lontani e perduti. Arrivo a Parma verso l’ora di cena. Mi trascino stancamente verso l’uscita. Attraverso la sala d’attesa della stazione. Lo sento. Il sibilo del vento reca in grembo le voci sofferenti di quanti vivono ai margini. E’ strano, ma proprio qui mi giunge più nitida, più forte la loro silente invocazione di aiuto. Ovunque squallore. Mura imbrattate, scritte oscene, cartacce. Macerie di speranza. Relitti di vite vissute. I treni, gelida metafora di una vita che scorre inesorabile. Sulle banchine un flusso incessante. Chi arriva, impaziente di immergersi nel magma tumultuoso della realtà. Chi parte,  se ne va mestamente, a capo chino. Dove? Nessuno lo sa! Al binario due, un treno gravido di pendolari depone il suo brulicante carico. Qualcuno ascolta “Enjoy the silence” dei Depeche Mode…Appena a casa, una salutare doccia, una frugale cena, un po’ di Tv e poi a letto, con la gradita compagnia di un buon libro.
A quei tempi non esisteva ancora Internet e i frenetici balletti modellistici non turbavano ancora le nostre esistenze. Né inglese né americano, né…indocinese, esisteva un solo infallibile modello: l’FDF, il modello “fuori dalla finestra”! Mai fallito una sola volta! Mi sono perso pure le previsioni del colonnello Baroni su Raiuno e, quindi, me ne vado a letto tranquillo. E mi abbandono sereno alle braccia di Morfeo.

Il mattino seguente mi sveglio e avverto qualcosa di insolito. Rumori attutiti, ovattati. E uno strano silenzio. Un presagio. Apro la finestra e appare l’incanto. I tetti, le strade, i giardini, tutta la città è ostaggio del bianco! Durante la notte la neve ha attecchito ovunque, persino sui muri e sui davanzali delle finestre appena sopra un calorifero che sta andando al massimo! Osservo l’immacolato tappeto. E’ fine, asciutto, polveroso, si contano i granelli di ghiaccio! Nessuna concessione…idrica! Nulla si scioglie, nulla sgocciola importunamente, neppure accanto alle fonti di calore! Solo neve e ghiaccio. L’apoteosi. La Dama ha indossato il vestito più bello. Quello della festa. Il candore ha l’integrità e la solidità del marmo. Mi riferiscono cha ha iniziato a nevicare attorno alle 2 di notte e ancora continua con ottima lena. Spira uno sferzante vento gelido, una vera e propria bufera. E fa molto freddo. I dati ufficiali di Tv Parma comunicheranno, per quel giorno, una minima di – 7.8 e una massima di – 5! Cinque gradi sotto zero di massima! Cinque gradi sottozero nelle ore più calde non è certo cosa frequente alle nostre latitudini. La nevicata si protrae fin verso le 17, poi va cessando ma permane un gran freddo. Forse anche per il rasserenamento del cielo e per l’effetto albedo, la minima del mattino dopo scende a – 11.4!

Il 7 febbraio è uno spettacolo: il cielo ha una meravigliosa tonalità rosa tenue, tra il bianco latte, il madreperlaceo e il rosa pallido: mi ricorda i fiabeschi cieli scandinavi. Già alle 9 del mattino riprende a scendere qualche rado, leggerissimo fiocco e così fino all’ora di pranzo. La temperatura massima si ferma a – 4.1! Dopo le 13 si scatena una autentica bufera: nevica forte, a tratti fortissimo! Vorticosa e incessante, la nevicata si protrae per tutta la sera, la notte e fino alle 9.15 del mattino successivo.

Il mattino dell’8 febbraio, quando mi reco come il solito a prendere il cappuccino al bar di Carlo di Via D’Azeglio, ce n’è “un culo”! Si cammina con i moon boot. Imponenti muraglie bianche, alte quanto una persona, fiancheggiano tutta la strada e anche sulla carreggiata (dove transitano a passo d’uomo pochissimi veicoli) non esiste alcuna disgustosa poltiglia grigiastra, alcun accenno di neve sciolta, alcuna seppur minima pozzanghera, ma la neve pressata è sana, solida e ha la consistenza del granito. Alla faccia delle diavolerie del Piano Neve! La Dama è padrona della città. Il Telegiornale dell’ora di pranzo parla di 22-25 cm di neve nel centro storico per l’ultima nevicata. Un dato di per sé non eccezionale ma eccezionale è la qualità della neve, di quella che solitamente cade solo in alta montagna o a latitudini ben diverse dalla nostra. Alle 9.15 la precipitazione cessa ma il cielo rimane coperto. La temperatura oscilla tra i – 6 e gli zero gradi. E non è finita. In serata, tra le 22 e le 23.30 si scatena una nuova bufera e cadono altri centimetri di neve, che vanno ad accumularsi sullo spesso candido manto.

Durante la mattina del 9 febbraio il cielo è ancora coperto e, tra le 10 e le 11, scendono altri fiocchettini gelati, poi solo qualche rado fiocco fino al pomeriggio, quando riprende a nevicare con lena. Purtroppo, malgrado la temperatura al suolo ancora rigida (- 5.2; 0.5), sale la temperatura in quota e il gelicidio è assicurato. La neve si trasforma in una insidiosissima pioggia ghiacciata che va a cumularsi sullo strato preesistente. Basta un lieve calo delle temperature in quota e già dalla notte riprende a nevicare copiosamente. Ma ormai lo scirocco si avvia a compiere il suo sporco lavoro. La neve si trasformerà in una pioggerellina sottile. L’incanto è svanito.
Ci sarà ancora il tempo per una bella nevicata il 12 febbraio – dal mattino fino al tardo pomeriggio – grazie ad una temperatura ancora favorevole (- 4.9; 0.4: una temperatura per cui oggidì sottoscriveremmo con il sangue!). Ma ormai il grande evento è alla fine.
All’indomani la Gazza traccia il bilancio della nevicata: 6 giorni nevosi per complessivi 35 cm di neve (in pieno centro), una stima per difetto, credo. Siamo ormai alla metà di febbraio e il nivofilo deve mettersi il cuore in pace. Tutto finito? Macché! Con grande sorpresa, la Dama tornerà a farci visita tra la sera del 17 e il mattino del…18 aprile! In città, sarà la terza nevicata più tardiva della storia, almeno da quando sono disponibili rilevazioni statistiche ufficiali: superata soltanto dal 27 aprile 1817 e dal 27 aprile 1873. Ma questa è un’altra storia, una storia che magari racconterò in una prossima puntata. 

Considerazione finale del nivofilo: personalmente, colloco la nevicata del febbraio 1991, alla pari di quella del gennaio 1979, sul podio di quelle più belle mai viste in città (la mia esperienza diretta va dal marzo 1976 ad oggi), dietro soltanto al mitico gennaio 1985 e, forse, alla bianca apoteosi (10 giorni nevosi) del febbraio 1986. De gustibus…La frase è assai abusata, ma quanto mai indicata anche in questo caso: erano davvero altri tempi! Imponente retrogressione fredda, anzi gelida, da est, con alcuni giorni sereni ma di ghiaccio, successiva, copiosa perturbazione atlantica e nevicata da cuscino da manuale. Bei tempi! Quanta nostalgia…

         Claudio   Bargelli


Febbraio 1991 - Foto di Claudio Bargelli

 


A cura di: Claudio Bargelli
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