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Il gennaio 1979: dalla steppa con furore…
Redatto il: 23 gennaio 2014 ore 13:18

Parma, Primo Gennaio 1979…

L’anno nuovo è ancora in culla quando, verso mezzogiorno, mi alzo sbadigliando dopo l’adolescenziale botta di vita di San Silvestro. Una notte trascorsa a stringere tra le braccia le prime morosine al ritmo lento, trasognato di Can’t help falling in love…E The whiter shade of pale dei mitici Procol Harum. Ingenue fanciulle del tempo delle mele. Spazi sconfinati per sognare…

Ma ormai il sole splende alto nel cielo e devo darmi una mossa. Sul desco imbandito della sala da pranzo, una fumante piatle’na stracolma di saporosi anolini con ripieno al sugo di stracotto secondo i rigorosi dettami della bisnonna Enrichetta – classe di ferro 1879 – che, in tempi lontani, teneva osteria in strada San Francesco. Anolini affogati in un sostanzioso brodo di cappone e accompagnati da un denso e schiumante Lambrusco. Antica sapienza tutta parmigiana, in tempi ancora felicemente ignari delle abusate mistificazioni culinarie multietniche. A seguire, opulento cappone bollito con piccante salsina verde alla parmigiana, culatello di cantina, salame casereccio di pasta friabile e di grana grossa. Fette alte un dito e stagionate fino a fare l’olio. Proprio come piacciono a me. Panettone, pandoro, torrone e frutta secca a volontà. E, per terminare, un bicchierino di fragrante nocino preparato l’anno prima come Dio comanda, con le noci irrorate dalla benefica rugiada di San Giovanni. Quale miglior modo per accogliere il nuovo anno?

Un poco stordito dalle abbondanti libagioni, a metà pomeriggio decido di fare un giro in macchina con il parentado. In campagna. Splende un radioso sole e spira un impertinente, tiepido zeffiro. Favonio. Un tepore insolito, anomalo, fuori stagione. Una primavera anticipata? Dannazione! Già allora ero un nivomane perso. La gita fuori porta – un classico degli anni ’70 – si protrae fin verso sera. Una cena più leggera per smaltire le scorie del pranzo prima dell’immancabile tombolata in famiglia. Tra una estrazione e l’altra si conversa allegramente. Qualcuno azzarda l’arrivo anticipato della primavera. Vade retro! In fondo, fino ad allora l’Inverno aveva fatto il suo dovere, almeno tra fine novembre e il periodo natalizio (era nevicato il 28 novembre, l’8 dicembre e il 19 dicembre, sempre con buoni accumuli).

Intanto il favonio svolge egregiamente il suo compito. Secca al massimo l’aria. Quella notte mi abbandono alle braccia di Morfeo del tutto ignaro di quanto sarebbe accaduto di lì a poco. Siamo ancora nel periodo delle vacanze natalizie e, il mattino dopo, il 2 gennaio, mi sveglio verso le 9. Il cielo è terso e splende il sole come il giorno prima, ma…c’è una novità: al suolo, sui tetti, sui prati, ovunque vi sono almeno dieci cm di neve asciuttissima e farinosa! La neve ha attecchito laddove non attecchisce quasi mai: persino sul davanzale delle stanze dove sotto c’è il calorifero spinto al massimo! E non c’è la minima traccia acquosa: si possono contare i minuscoli granelli di ghiaccio, integri, sani, candidi, che pare vogliano entrare in casa! Nessuna goccia d’acqua, nessun penoso sgocciolamento delle grondaie, nemmeno vicino alle fonti di calore. Sì, questa volta la Dama ha davvero indossato il vestito della festa. Nella notte il gelido soffio delle steppe siberiane penetra – come lama nel burro - in Valpadana!

Inizia così un periodo rigidissimo che durerà almeno una ventina di giorni e che, come recitano le stupefatte cronache del tempo, porterà copiosa neve persino a Taranto! Infischiandosene delle quote altimetriche (a quei tempi non ci si lambiccava, con certosina pignoleria, sulle quote neve: allora nevicava e basta, dal piano fino al monte!), la Dama ammanta di bianco quasi tutta l’Italia, fin in riva al mare! Grazie all’effetto albedo, nella notte seguente il termometro è in caduta libera, fregandosene altamente dell’isola urbana di calore: dieci gradi sotto zero in pieno centro!

Dopo un paio di giorni sereni e freddissimi, la mattina del 4 gennaio il cielo è nuovamente coperto. O, meglio, plumbeo. Ho un impegno in centro e inizio a scrutare avidamente verso l’alto. L’aria è gelida e non devo attendere a lungo. Già in mattinata volteggiano fiocchi asciutti e leggeri che vanno a depositarsi sul manto nevoso precedente. Poi la nevicata va intensificando. Fiocca intensamente fino alla sera. Ne cadono altri dieci centimetri, che vanno ad accumularsi al cospicuo strato già presente al suolo. Nevica sulla neve! Una delle maggiori godurie per il nivofilo!

Dopo tre giorni di cielo limpido, riprende a fioccare la sera dell’8 gennaio. Nevicherà ininterrottamente fino alla mattinata del 10 gennaio, accumulando altri diciotto centimetri. Grazie all’effetto albedo, le minime notturne toccano i dodici gradi sotto zero in pieno centro. Al mattino è uno spettacolo ammirare enormi stalattiti di ghiaccio dai cornicioni dei tetti sepolti dalla neve. Le grondaie si spaccano per il gelo. La temperatura si mantiene sotto lo zero e, nel pomeriggio-sera del 20 gennaio, scendono altri cinque centimetri di neve. Qualche altra fugace visita della Dama a febbraio e all’inizio di marzo. La coltre nevosa andrà sciogliendosi molto lentamente e, negli angoli più riparati, si dissolverà soltanto a marzo, ai primi aliti di primavera. Questo accadeva quando l’Inverno era Inverno. Un sintetico resoconto di giorni davvero emozionanti. Di una nevicata vissuta con incomparabile gioia e particolarmente cara al mio cuore…


Immagine tratta dal libro ""I grandi inverni dal 1880 in Romagna e province di Bologna e Ferrara" di P. Randi e R. Ghiselli - Ed. Walberti.

A cura di: Claudio Bargelli
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