Che tempo faceva: un salto nel XVIII secolo.
Calori e siccità del settembre 1785
Sempre molto interessanti, le prime osservazioni strumentali – a corredo di quelle di tipo cronachistico – sono utilissime per capire l’andamento atmosferico nei secoli passati dopo l’invenzione e il perfezionamento graduale di termometri, barometri, pluviometri e altri strumenti per le indagini meteorologiche.
Caldo e scarsità di precipitazioni del settembre in corso – e della sola prima metà del mese, per ora - sono un fatto tutt’altro che raro, però può essere di qualche interesse riportare le misure di un remoto settembre di fine ‘700 che si comportò tutto d’un pezzo, salvo brevi e deboli piogge, e di cui si conosce a sufficienza lo svolgersi grazie alle osservazioni che già si eseguivano in diverse città.
Uno sguardo generale al 1785 mostra un’annata fredda, non molto piovosa, anzi con una prolungata scarsità di precipitazioni da maggio ai primi di ottobre. Dopo un mese di gennaio non rigido, piovoso, nevoso a quote basse quasi solo in Piemonte, il freddo si intensificò in febbraio e marzo, con un inizio di primavera tra i più severi mai verificatisi. Ancora ai primi di aprile, si ebbero nevicate copiose sui rilievi e fioccate localmente anche in pianura, non solo in Valpadana, ma anche a Lucca e persino nella più mite Versilia (a Camaiore). Seguirono, via via più asciutti, ma non molto caldi, i mesi di maggio, giugno e luglio. Più consono alla norma, ma solo come media tra opposti sbilanci, fu il mese di agosto, mentre il settembre vide l’accentuarsi della penuria d’acqua e il ritorno del caldo anziché il suo decrescere. In alcune località a clima meno continentale, il caldo di settembre fu superiore a quello di luglio e di agosto non solo in senso relativo come scarto dalla norma, ma addirittura in valore assoluto (fatto capitato raramente e ripetutosi, ad esempio, in settembre rispetto a luglio, nel 1932). In ottobre, ripresero precipitazioni di una certa entità, che divennero più frequenti e abbondanti in novembre e dicembre; il mese di dicembre, inoltre, fu molto mite.
Le osservazioni eseguite all’epoca non vanno accostate con immediatezza alle attuali: si deve tener conto che le modalità di rilevamento dei valori degli elementi del clima erano diverse, le schermature date ai termometri le più disparate, le unità di misura non coincidenti con quelle odierne. I termometri in uso nel 1785, ormai di ottimo livello e a scala di Réaumur definitiva, permettono di convertire i dati originali in °C con sicurezza (basta moltiplicare i °R per 1,25). Sorgono problemi, piuttosto, dal tipo di misura diretta, a ora fissa, mancando ancora (o non ancora diffusi nonché imperfetti) i termometri di Six a massima e a minima. Venivano rilevate temperature al mattino, al pomeriggio e alla sera, ma più spesso solo il mattino ed il pomeriggio. Non sempre vi è precisa indicazione degli orari, oppure risentono di un margine di incertezza a causa del tipo di scansione giornaliera secondo ore ultramontane o francesi (che usiamo ancora oggi) oppure ore italiche, che si contavano a partire dal tramonto.
In tal modo, le temperature rilevate al mattino erano superiori, e d’estate non di poco, alle temperature minime; d’altro canto, la rilevazione pomeridiana non era detto che coincidesse con la temperatura massima del dì. Ne conseguiva una escursione termica molto attenuata e che ad un primo e rozzo esame potrebbe far dubitare i più della bontà di quelle antiche osservazioni. L’andamento descritto è invece spiegabilissimo con le motivazioni esposte. Vero e proprio pioniere nel cercare di avvicinarsi maggiormente agli estremi termici diurni fu il canonico Pietro Antonio Butori, eccellente osservatore per circa mezzo secolo (1777-1826) nella sua Camaiore, dove nacque nel 1743 e morì, appunto, nel 1826. Due suoi parenti continuarono le osservazioni fino all’aprile 1832. Egli prese ad eseguire la lettura mattutina del termometro circa mezz’ora prima dell’aurora, mentre notava la temperatura pomeridiana sempre alle ore 14 locali solari vere. Ed in effetti, pur giacendo la cittadina versiliese in una conca ai piedi delle Apuane non lontana dal mare, è difficile in altre serie coeve trovare un divario tra ‘minime’ e ‘massime’ così pronunciato. Le osservazioni del Butori servirono al climatologo danese Schouw per il suo lavoro sul clima d’Italia. Geniale fu il prototipo di ‘capannina’ che ideò per riparare il termometro dalla radiazione solare diretta.
Altrove, le osservazioni risentono dell’ora più avanzata del mattino in cui vennero fatte e perciò sono superiori alle minime. Nel caso di Torino, al contrario, le temperature rilevate nel XVIII secolo sono state ricondotte ad omogeneità con le attuali, per cui si notano valori minimi più bassi e valori massimi più elevati rispetto a Milano o a Parma. Anche la postura degli strumenti e le modalità di osservazione nei primi anni di misure (1782-1787) al Collegio Romano spiegano lo scarso divario delle temperature ‘estreme’ mensili.
I dati, in ogni caso, presentano un mese di settembre di almeno 2,5°/3°C più caldo della norma di allora. A Lucca, fu il mese di settembre più caldo (pari merito con quello del 1747) del periodo 1744-1793. A Camaiore, il più caldo nei 55 anni compresi fra il 1777 e il 1831. A Milano, stessa cosa dal 1763 al 1895 che , dopo 110 anni, fu il primo ad eguagliarne il livello termico. A Parma, andrebbero elaborati i dati ed unite le serie di Bianchi, Colla e dell’osservatorio dell’Università per tentare una classifica. In tempi recenti, mesi di settembre dal sapore pienamente estivo come quelli del 1987 o del 2011 hanno battuto molti dei vecchi primati del primo mese del trimestre autunnale.
Tornando al settembre 1785, in fatto di precipitazioni, poco o nulla cadde a sud del Po e solo lievemente più sensibili, per quanto in non più di 3-4 modesti eventi, furono anche a nord del fiume (Milano, Padova).
A Roma, il mese trascorse completamente secco, salvo un cenno di pioggia non misurabile, come poi mai accadde per tutto l’Ottocento, mentre senza pioggia, nel corso del XX secolo, furono i mesi di settembre del 1946, 1970 e 1980.
Tra le note rinvenute nei manoscritti dei diversi osservatori, si trova nebbia a Lucca al mattino del 3 e vari giorni in cui l’orizzonte fu fosco o caliginoso sia a Parma che a Lucca. Altre giornate definite, oltre che serene, “limpide e bellissime” (Lucca) si ebbero dall’11 al 13 e dal 18 al 20. A Parma e a Lucca piovve il 10 e il 25 (forse, dall’abbreviazione usata da Bianchi, temporale a Parma nel tardo pomeriggio del 25). Un sensibile calo termico si nota ovunque il 30, che trascorse unico giorno del mese con cielo coperto. Si destò vento da NE, che si fece più forte in serata. A Parma, Bianchi segnala “spruzzo”, quindi una sorta di … bagnastrada o debole piovasco non misurabile.
La pressione atmosferica, dai dati giornalieri di Lucca, Parma e Camaiore (in pollici, linee e punti) sarebbe interessante da convertire in hPa. Dalle conversioni già effettuate per Camaiore, si apprende che era stata più alta nel settembre dell’anno precedente, mentre nello stabile settembre del 1785, evidentemente caratterizzato da anticicloni più livellati, risultò in media di 1015,2 hPa (al livello dell’osservatorio a circa 40 m sul l.m.m.).
Lo stato del cielo vide il dominio del sereno: 20 giorni sereni, 9 misti e 1 coperto a Lucca. Questo tipo di osservazione è molto soggettiva e dipende dai criteri adottati dall’osservatore. Dalla scheda riassuntiva del Bianchi, anche per Parma si può presumere una statistica simile e con unico giorno coperto il 30. A Torino, dopo però una conversione in ottavi ottenuta a partire delle osservazioni descrittive, risulterebbero 15 giorni sereni, 8 misti e 7 coperti.
Decisamente interessanti sono, infine, i commenti all’andamento stagionale e agrario lasciati da Ubaldo Bianchi per la zona di Parma. In settembre, scrisse il nostro, “Ha continuato l’asciutto e il caldo con danno delle campagne per il ritardo dei lavori, la mancanza dei pascoli e lo scemamento (sic) delle meliche …”. “Le uve hanno profittato assai, quantunque fu ritardata la loro maturazione (per le condizioni meteo dei mesi precedenti, ndr) e così la vendemmia non cominciò fin verso li 18 (comunque presto, per l’epoca!). “Frutta abbondanti alla pianura. Polve (sic) immensa per le strade”. (seguono i prezzi di frumento, fave, meliga e spelta).
Nelle successive note del mese di ottobre, infine, si legge che “Cominciò all’asciutto. Li 7, finalmente, venne la desiderata pioggia assai comoda che fece determinare a dar principio alle semine, che si continuarono prosperamente”, con ormai “pozzi scarseggianti d’acqua, come pure i fiumi”. (Maurizio Ratti)
Si ringraziano Paolo Fantini dell’Osservatorio dell’Università di Parma e la dott.ssa Maria Grazia Perazzo, Archivio dell’Università di Parma per la consultazione del catologo meteo di U. Bianchi e la comunicazione dei dati relativi al settembre 1785.
Bibliografia
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Butori P.A. – Resultato delle osservazioni incominciate da Pietrantonio Butori il dì primo gennaio del 1777 da continuarsi fino a che non gli mancherà il potere o la voglia. Biblioteca Statale di Lucca. Ms. 2917.
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Schouw J.F. – Tableau du climat et de la végétation de l’Italie. Résultat de deux voyages en ce pays dans les années 1817-19 et 1829-30. Copenaghen, 1839.
Toaldo G. - Completa raccolta di opuscoli, osservazioni, e notizie diverse contenute nei giornali astro-meteorologici dall'anno 1773 sino all'anno 1798 - Venezia: presso Francesco Andreola, 1802-1803. - Tomi I-IV
Trevisan, V. – Meteorologia Romana. La serie storica delle osservazioni al Collegio Romano (1782-1978); CNR, Roma, 1980.
A cura di: Maurizio Ratti